Era il 15 maggio del 2006, quando sulle pagine di Weekly Shonen Jump debuttò un manga scritto da Tsugumi Oba e disegnato da Takeshi Obata: Death Note. Il successo del manga, venne poi amplificato a partire dal 2007 da un anime, composto da 37 episodi, a cui poi seguirono ben 5 lungometraggi e diversi riadattamenti internazionali.
Da allora, il fenomeno Death Note non si è mai fermato e ancora oggi l’anime e il manga sono parecchio conosciuti a livello internazionale, tanto da poter essere considerati dei veri e propri fenomeni cult. Ciò che però rende Death Note cult non è solo la sua trama, ma anche l’impatto sociale che essa ha sicuramente avuto: analizziamolo insieme!
Death Note: la storia
Tutto ha inizio quando uno Shinigami (lett. ‘Dio della morte’ in giapponese) di nome Ryuk fa volutamente cadere sulla terra il suo Death note: uno strumento capace di uccidere le persone il cui nome viene trascritto su di esso. Il quaderno viene raccolto da un brillante studente delle superiori, Light Yagami che, in seguito alle spiegazioni dello Shinigami Ryuk, decide di adoperare il Death Note per mettere in azione il suo distorto senso della giustizia. Da quel momento è un crescendo di tensione inasprita dalla lotta tra Light e l’ispettore di polizia L: due geni che si contrastano a vicenda in un alternarsi di colpi di scena.
Gli spettatori, travolti dalla lotta tra i due, affiancati inoltre da altri personaggi che prenderanno le parti dell’uno o dell’altro, si ritroveranno a loro volta a scegliere dalla parte di chi schierarsi: se con il cinico Light oppure con il geniale L, entrambi mossi da due diversi ideali di giustizia, ma entrambi convinti di volere e dovere arrivare fino in fondo a questa epica battaglia, nuova e potente rivisitazione dell’interminabile lotta tra il bene e il male.
Death Note: l’impatto sociale
Andando oltre l’immenso successo ottenuto dalla serie in ambito editoriale e televisivo, quello che più incuriosisce è che l’opera abbia avuto e continua ad avere un così potente impatto sociale e ciò nonostante in tutto il mondo, dalla Cina al Belgio, sono state intraprese numerose azioni affinché l’opera avesse la minor visibilità possibile.
Dal 2008 al 2016 assistiamo, difatti, ad una lunga scia di azioni intimidatorie o veri e propri crimini i cui autori sono stati ispirati dalle vicende di Light e dello shinigami Ryuk. In molti casi dei ragazzini sono stati trovati in possesso di ‘Death Note’ con su scritti i nomi dei propri compagni, mentre in Belgio, nel 2007, in una scena del crimine sono stati rinvenuti alcuni fogli in cui l’autore del delitto ha scritto ‘私はキラです’ ovvero ‘io sono Kira’: chiaro riferimento allo pseudonimo utilizzato da Light per firmare le sue azioni mirate a ‘purificare’ l’umanità.
Death Note: i punti forza
Ma cos’è che costituisce il punto di forza di questa serie? La violenza? La lotta tra buoni e cattivi? No, niente di tutto questo. Quello che ha reso Death Note un’opera da non perdere e con parecchie ripercussioni sulla società è che quello che compie il protagonista nella storia, per quanto distorto e violento, é quello che ognuno di noi avrebbe fatto avendone la possibilità.
A dichiararlo anche Lucy Zhang nel suo saggio ‘On Death Note, Morals and Existential Crisis: Light’s path is a path that many a human could have taken had they stumbled upon the Death Note (Il percorso di Light è il percorso che molti esseri umani avrebbero potuto prendere se fossero incappati nel Death Note).
Death Note: analisi dei personaggi
Death Note è un’intricata lotta tra due differenti tipi di giustizia: uno estremo, che mira all’eliminazione profonda del male dalla società, mentre l’altro più moderato, che crede invece in una possibilità di redenzione.
Senza ombra di dubbio il personaggio di Light è quello che più di tutti provoca nello spettatore delle reazioni contrastanti: pur rendendoci conto di quanto il suo punto di vista sia distorto e che il suo è un vero e proprio delirio di onnipotenza (accompagnato da un forte desiderio di sfidare il suo acerrimo nemico L), in fondo in fondo riconosciamo il suo modo di fare come immancabilmente umano. L, al contrario, è troppo geniale e troppo calcolatore per poter permettere un’identificazione, mentre gli altri personaggi non sono che delle pedine nelle mani di Light e L.
A completare il quadro la seduzione del sovrannaturale che innalza la natura del proprio utilizzatore, proprio questo il fascino intramontabile dell’opera: il desiderio che ha ognuno di noi di andare oltre i limiti umani per portare avanti i propri ideali e realizzare quelli che sono i nostri più oscuri desideri.
Sia chiaro che questo non significa essere dei potenziali assassini, ma solo scendere a patto con quella natura ‘oscura’ che è un po’ parte di tutti. Che poi nella realtà non si sappiano reprimere certi istinti è un altro discorso. E voi che ne pensate? Anche voi come noi fan di questa saga? Concordate con la nostra analisi? Avete altre teorie in mente?